domenica 28 agosto 2011

Pennichella

E' successo quando ho sentito una bambina piangere.
Era sola sulla spiaggia, nessun adulto intorno e non so perchè ci feci caso, non c'erano nè adulti nè bambini attorno a noi. Solo il mare agitato. Mi avvicino e mi tolgo gli occhiali da sole mentre mi chino.  
Che succede piccola, perchè piangi?
La gamba, mi fa male la gamba.
Lei piange rumorosamente mentre le guardo il polpaccio gonfio e completamente arrossato. Glielo sfioro piano, dov'è arrossato la pelle è dura.
Quanti anni, piccola?
Sette.
Dove sono i tuoi genitori?
Non lo so... e i tuoi?
Questa domanda mi blocca. Gli occhi della bambina non sono quelli inondati di lacrime di un attimo prima. Ora solo due piccoli e profondi occhi castani, come i miei.
Sono... a casa.
Quale casa?
Quell...
Dalla spiaggia posso vederla la mia casa. Posso vedere la strada statale, poi casa mia, la ferrovia dietro, poi altre case, l'autostrada sulla collina, la coperta di ulivi verso la cima, poi il cielo. Mentre indicavo verso tutto questo non c'era più nulla. E quando dico nulla intendo nulla. Non il nulla di Bastian e Atreyu. Un nulla silenzioso, senza colore, senza luce nè buio.
Mi giro ancora verso la bambina, non c'è nemmeno lei. Una brezza tiepida mi accarezza la nuca. Mi giro e un' onda degna dei migliori film sulla fine del mondo si avvicina in lontananza. L'everest figlio del mare inghiotte il sole e giurerei che assorbisse anche il cielo mentre l'ombra copriva il mio sguardo. Un' unica cosa rimane da fare.
Svegliarsi.

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