lunedì 10 dicembre 2012

qui con delle corde e sant'andrea


Non ho contato
quanto tempo sia passato
da quel taglio sulla tempia.

Ne sono passate di teste sott'acqua.

Te ne potrei dire di cose
sui sorrisi degli altri,
ne potresti imparare
dalle cascate d'acqua chiara
delle anime in fiamme.

Ma sono frammenti
che appartengono ai guardrail
dei miei giorni.

Ne ho persa di vita,
ne ho messa di carta da parati
ai tuoi occhi stanchi.

Mi piace il passaggio a livello.
La via di ferro che porta ai monti
più vivi grazie alla neve.
Mi ricorda Colorado Blue,
la casa di mio padre, dicembre '93.

Il professore di storia
è passato dal bianco al rosso.
La stagione avanza, mi ha detto, e io lo seguo.

Te ne potrei raccontare
di che cosa vuol dire l'inverno.
Non stiamo così in basso
per non permetterci la neve.

Io di neve ne vedo
dall'altra parte del passaggio,
dove finisce la città.

Ne ho messa da parte.
Se vuoi te ne do un po'.




 
E non è freddo bambino?
Così freddo che potremmo farci gelare la birra.
 
[Diane Di Prima]

venerdì 27 luglio 2012

Binario 29

Il cemento umido, l'aria appena dopo la pioggia.
Il passo di chi è solo di passaggio, di chi conosce la strada.
I cancelli inermi, il muro della chiesa preso a bottigliate.
Il mattino in arrivo che sa di Menabrea.
Una città che ha il colore dei suoi parchi. 
Una città che piange, ma nessuno la ascolta.
I gatti fanno la guardia giorno e notte.
Amanti litigano nel treno sotto il sole.
Radici senz'acqua. Un nuovo arrivo.
Una nuova partenza. Un pensiero recidivo.



"siamo venuti per poco 
perchè per poco si va 
come satelliti sulla città 
catalizziamo l'energia partendo 
dalla realtà"

[CDF]


giovedì 19 luglio 2012

Addio

Bisogna cercare di essere sinceri quando si decide di interrompere una relazione.
Quantomeno provarci. Però tu pensaci, pensaci bene.
Pensaci bene a quante attenzioni mi davi.
Si, d'accordo, mi usavi. Qualcosa era nato in me quando avevi cominciato a prendere confidenza con l'uso delle dita. Accarezzarmi prima con una, poi con due e quando serviva con tre. C'eri riuscito, anche se non eri abituato. Me ne rendevo conto.
Ma c'è molto altro in me, dentro di me, attraverso me.
Non mi hai nemmeno dato un nome, come farebbe chiunque.
Per te ero solo un oggetto.
Un'oggetto buttato lì, mi sdraiavi sul letto o sul tavolo della cucina in mezzo a quel disordine. Bottiglie, lattine, piatti di plastica. Io mi merito di meglio. C'è gente pronta a trattarmi come una regina, a disperarsi per ogni mio difetto. Volevi che io completassi le tue mancanze, ma non va sempre così. Sei tu che dovevi completare le mie. Invece tu mi mollavi in cucina a fare il mio lavoro e te ne andavi per fatti tuoi. Non mi hai mai presentato i tuoi amici, quando mi portavi nei locali mi lasciavi in un angolo. Ti infilavi le cuffie, ti prendevi da bere e davi confidenza solo agli altri. E poi? Poi per farti perdonare, per farmi qualche regalo, ti sei sempre fatto aiutare da qualcuno. Lo so, forse avevi bisogno di tempo.
Ma l'ho già detto, mi merito di meglio.
Stavi sempre dietro quei tasti. Io invece devo correre, ho bisogno di applicarmi. Mentre tu invece sempre a segnarti tutto sulla carta. Sei antico, avrei potuto ricordartele io le cose. Ma ripeto, non ti sei mai applicato.
La tua massima ispirazione con me era guardare un bel film bevendo una birra o anche due, ascoltare musica (che poi è sempre la solita, persone mi userebbero per farsi una cultura MODERNA, ma tu invece sempre lì, a crogiolarti nel tuo torrente) e poi parole, parole e sempre parole.
Avevi provato ultimamente a dare un taglio finale alla tua pigrizia.
Forse era per quello che mi avevi cercato.
Ma qualcosa è scattato in me. Te n'eri andato, come al solito per fatti tuoi.
Forse è una frase banale e spero tu me la perdonerai, ma doveva andare così.
L'ho fatto pensando di essere felice con qualcuno che con me si applichi davvero. Magari non avrà la tua attenzione per le piccole cose, la gioia che ne ricavi. Ma ho bisogno che qualcuno occupi il mio spazio interno.
Forse sono masochista, lo capisco.
Perdonami.
Forse ci incontreremo di nuovo.
Prenditi cura di te e cerca di dormire, anche se la sera non mi trovi nel letto.

Firmato,
MacBook Pro - model n. A1278
N.Serial: C02GVBBTDV14

venerdì 13 luglio 2012

poche idee, in compenso fisse

Riapparecchiando
i documenti del PC fisso.
Tasto destro, elimina cartella,
elimina file, svuota cestino.
Alleggerire. Tenere il buono.
Mi viene in mente quella frase di De Andrè.
Ho sempre avuto poche idee, in compenso fisse.
Cartelle dal nome astratto.
Mi capita di trovare parole non mie,
il che è strano, soprattutto
guardandomi oggi, soprattutto
guardandomi attorno.
Ho sempre guardato più in là dell'altrui silenzio.
Ora che combatto nella lotta tra assenza e presenza
tra  le parole e le cose
cammino con passo leggero
e mi siedo appesantito.
Bisogna conoscere il nemico.
Urlare nei sogni soffocanti.
Ridere col cuore, perchè se non batte quello
qua cosa ci stiamo a fare.



Io sono quelli che non ci sono più, inutilmente
io sono nella sera quella perduta gente. 
[J.L. Borges]





martedì 12 giugno 2012

non se ne trovano più

- Pensa - disse lui - a volte sembra la pensino tutti così.
- Mi prendi per il culo - rispose il suo amico - certo che è così!
- Hanno tutte lo stesso debole sentiero in cui vagare, ma non c'è niente di vero, niente!
- Smettila di blaterare, dimmi qualcosa che voglio sentirmi dire.
- Solo una cosa hanno in poche - disse e sputò - solo una cosa hanno VERAMENTE in poche.
- Cosa?
- Il mistero. Poche, solo poche di loro conoscono cosa sia il mistero. Anzi, magari non lo conoscono, ma lo possiedono. Ma sono in poche, amico mio. Si stanno perdendo.
- Eh, già. Non se ne trovano più.
- Eh, non se ne trovano. Ma cosa cazzo vuoi saperne, tu.
L'amico non rispose e anche l'altro pensò bene di lasciarsi andare.
In una notte veloce come una bugia ad aria compressa.

domenica 27 maggio 2012

quando

Quando il presente ha una garza sporca da levare piano.
Quando la luna è un'unghia e sembra esserci solo in quel momento.
Quando le scuse vanno messe in centrifuga e lasciate seccare al sole.
Quando è automatico dire e andare. Quando la primavera è di chi non hai mai conosciuto.
Quando la fantasia bruciata non si cambia come una lampadina.
Quando mi sembra di aver capito e capire che sembra, nient'altro.
Quando l'altruismo nelle parole è un vetro trasparente da frantumare.
Quando vado verso la notte passando tra le lucciole nascoste.
Quando fuori è buio e non ti ricordi più l'alfabeto del tuo sentire.
Quando fuori c'è luce e le nuove rughe allo specchio ricordano l'essere unici.
Quando non c'è molto altro in più da dire.





sabato 12 maggio 2012

dedicato

Dedicato ad un tempo definito, come il tempo di scegliere quattro canzoni, il tempo che la moka faccia il suo dovere. Dedicato ad una quiete aggrappata alla testa del letto, ad una tenda lavata e ripiegata, al lamento del bambino che gioca per la strada. Dedicato al giusto peso da dare alle parole, alla dolce delusione, dolce come questo caffè, questo caffè più buono di prima. Dedicato alla domanda  che sta alla base della richiesta, alle fondamenta della palazzina da costruire, al lento e consapevole camminare sulla strada. Dedicato ad un pensiero lasciato andare, guardandolo di spalle allontanarsi senza salutare. Dedicato alla prepotenza e alla fragilità. Dedicato agli sguardi sinceri nei silenzi. Dedicato a chi ha il coraggio di sopportarli. E sia.





mercoledì 9 maggio 2012

niente di nuovo sul fronte occidentale

Ci sono momenti nella vita in cui ti accorgi di quel sottile confine di cui qualcuno aveva già parlato, quello tra anima e corpo. Te ne accorgi quando, come diceva sempre quel qualcuno, fanno male gli occhi, le braccia, la memoria. Le rampe di scale segnano i livelli di fatica, il sudore non è mai abbastanza. Impossibile attaccarsi alle parole. Le parole coltivano il silenzio. Il silenzio è la dimensione di ciò che vediamo. E' difficile decifrare queste nuvole di Maggio. Richiamano l'attenzione, si lasciano guardare. Suggeriscono il viaggio. Ti senti come quella sirena che non ha mai imparato a cantare. Guardi attraverso i veli che avvolgono i visi, i discorsi. Provi a farne parte. Provi a dormire, sperando di riuscire ad ignorarti.  La luce del mattino smentisce le ore passate. Il peso dei giorni cresce. Il calendario cambia colore. Niente di nuovo sul fronte occidentale. Chi abbassa le difese ricorda come si fa a sognare, come si fa a sentire tutto all'improvviso. Che poi sognare non significa essere un sognatore. Ma questa è un'altra storia.

giovedì 26 aprile 2012

residence azzurro

Il giardino tra le due case identiche
aveva l'erba malconcia e a malapena un'altalena.
Il mare era più vicino, il sole più accogliente. Già allora la stessa parola
svegliava le giovani famiglie nelle vacanze estive.
Una camionetta in discesa, un accento napoletano al megafono.
- "A L I C I !" -
Sono passati vent'anni, la voce non è cambiata.
Il ragazzo con cui giocavo a calcio con la saracinesca come porta
ora ha due figlie e un'Audi A6. Stessa cosa l'insegnante di piano
mia e di mio fratello. Ha due figli, gli stessi occhi azzurri
e qualche ruga in più. Il surf su cui viaggiava sulle onde
è appeso nel parcheggio della moto del marito.
C'era l'erba malconcia e a malapena l'altalena,
il treno sulla ferrovia passava veloce
e lo fa ancora.
Andavo matto per i treni che trasportavano le macchine,
pensavo quanto fosse figo farsi un viaggio senza guidare,
tanto ti porta il treno, c'è qualcuno che guida per te.
Mi piaceva guardare dal balcone il traffico sull'autostrada,
verso nord tutto vuoto fino a fine agosto.
Avevo il codino e insomma,
la spiegazione sta nel quinto rigore tirato alto.
There are things we can't recall, blind as night that finds us all.
Ora il giardino è pulito, ha alte palme
e un sistema automatico lo innaffia ogni mattina.
L'altalena non c'è più.
Il mare si è allontanato come molte altre cose
in cui la vita non si riconosce.
Il sole non è più importante delle nuvole piovose,
il chiarore dei capelli si è spostato sotto le labbra.
La sabbia brucia ancora come una volta.
La sabbia continuerà a a bruciare.
Che il mare si allontani o no,
che gli anni passino, oppure no.
Le famose mode morte che avvertono il fuggire degli anni.


lunedì 23 aprile 2012

nessuna differenza

Stanotte ho sognato di essere in ospedale.
Dovevo fare delle visite, quali di preciso non saprei.
C'era ricoverato un mio amico e sua sorella,
che nella vita fa la traduttrice, lavorava da infermiera.
In una sala personaggi che potresti incontrare nei circoli di paese
guardavano la partita rumorosamente.
In una corte esterna persone protestavano contro la precarietà.
Il mio amico era convinto che fossi andato lì a trovare lui,
ma non sapevo di preciso cosa ci stessi facendo, non capivo.
Camminavo nel corridoio affollato.
Il mio amico mi spiega quanto è utile la stampella che ha trovato.
Lo fa stare bene. Io mi rendo conto di essere in grado di camminare,
ma è un po' come se quella stampella la volessi anch'io.
Allora esco dall'ospedale e sto guidando una macchina non mia,
su strade che non conosco, su strade che non fanno rumore.
Penso a Raymond, la felicità che arriva inaspettata. Sarà.
A volte la felicità la si tiene nel taschino e la si tira fuori
quando per strada non ci sono indicazioni.
Se la strada è buia amo la sorpresa di ciò che sbuca dietro l'angolo.
Andare a sbattere fa parte del gioco. E' buona abitudine
dimenticare ogni regola. E' buona abitudine dimenticare.
Che col coraggio di ricordare, no,
non c'è nessuna differenza.

martedì 17 aprile 2012

acqua chiara alla coscienza

Guardò una foto presa da un cassetto
nel salotto dove nessuno entra mai.
Dopo un viaggio dall'altra parte dei pensieri,
un po' d'acqua chiara alla coscienza
da raccogliere nel cavo della mano,
si guardò dentro e rise,
ma solo dentro.
Dentro succedono un sacco di cose.
Dentro si comincia a fumare. Fumo buono.
Dentro si piantano semi nel prato di casa.
La foto è un sorriso, indefinibile, vivo. Senza tempo.
Quei sorrisi appartengono. Vivono nei cassetti dei salotti
in cui nessuno entra mai.
In quei salotti succedono un sacco di cose.
Si viaggia, si racconta. Si piange, ci si viene addosso.
In quei salotti dove nessuno entra mai
il rumore delle strade non arriva.
Calmò la sete nella via assolata.
Uscì a piedi nudi
da quel salotto dove nessuno entra mai,
lasciando la foto nel cassetto.
Poi fece la lavatrice.
Calmò la sete, aprendo la finestra.
Si chiese da quanto tempo quell'orologio
segna le otto meno un quarto
e per quanto ancora continuerà a farlo.

lunedì 9 aprile 2012

fotografia

Le lucertole corrono agitate, spaventate dal mio passo.
L'argilla è dura e spaccata, secca cade nel buio.
Il sentiero è da scoprire come ogni cosa, come ogni virtù.
E' troppo presto per un viaggio a Bisanzio,
per guardarsi attorno e non riconoscere il presente.
L'età dell'ormai è su altre rotte, spinta da altri venti.
Sono falsati i giochi dell'orizzonte,
quando la terra trema hanno tutti paura,
quando il fuoco è sconosciuto
ci si rintana nella musica rassicurante,
nella giusta ombra del non sentirsi assente.
Accecandosi e ingoiando i raggi del sole
con la retina indifesa, diventa tutto più chiaro.
La nebbia del cuore si dilata, l'onda accarezza la riva.
Dalle nuvole uno sguardo freddo sulla vita,
ci saranno altri sentieri, altre virtù.
Nell'argilla leggo il mio nome,
nel buio c'è più di un orizzonte da lasciare andare.

sabato 7 aprile 2012

Conrad ha fatto bene

Conrad ha fatto bene a scrivere quella confessione, La linea d'ombra.
Io ho fatto bene ad interrompere il silenzio quand'era il momento.
Ho fatto bene a non aver niente da fare per ammettere la semplicità.
Conrad ha fatto bene a viaggiare per mare. A specchiarsi nel sale.
Ammettere la semplicità. Viaggiare per mare.
Non c'è nessuna differenza.
Una cosa è certa, io non sono Conrad. Lo pensavo oggi.
Stavo in mezzo a un paese intero che recitava il padre nostro.
Un paese intero. Sotto la pioggia sottile. Le colline infilzavano le nuvole.
Ero tentato di rubare il bastone di mio nonno. Ero tentato di sentirmi meglio.
Ero tentato. Alla terza grappa ho permesso a mia madre di farmi le carte.
Ci ha preso, naturalmente. Anche Conrad ci ha preso.
Ma io non sono Conrad. La linea d'ombra va attraversata.
Che ci sia il sole o no. Che la pioggia abbia smesso di cadere, oppure no.

mercoledì 4 aprile 2012

le cose che ricordo

Le cose che ricordo sono il vivere il gelo tra gli scogli e il sole d'estate. Le cose che ricordo camminano con me. Si affacciano con me dalla finestra, si riflettono allo specchio e si specchiano indifesi. Si lasciano guardare e accarezzano la vita. Alle cose che ricordo ne avrei di cose da dire, da raccontare. Vorrei raccontargli le nuvole di aprile, i capricci di sentirsi invisibili come tulipani nel cemento. Alle cose che ricordo vorrei descrivergli la traiettoria metallica dei proiettili di questa guerra che sfiorano l'anima e le tempie. L'inganno della compagnia, l'inganno del fiume che scorre e che ha paura di diventare mare. Le cose che ricordo mi guardano allontanarmi di spalle e ingoiano i sorrisi e i fallimenti. Le cose che ricordo mi fanno prendere la rincorsa, mi fanno prendere l'aereo e sorvolare la trincea. Le cose che ricordo mi rendono possibile. Com'è possibile la meraviglia e la luce, com'è possibile la distrazione, com'è possibile il sudore e la pelle sotto le mani. Le cose che ricordo sono la notte aperta in due.
Dove stelle brillano come il migliore degli arrivederci.













foto di Su Graz

domenica 1 aprile 2012

mentre cammino

Mentre cammino vengo seguito da un coniglio bianco e nero.
E' nella siepe che costeggia il marciapiede. Tra le foglie e i rami sento il fruscio del suo passo che va a scatti. Quando mi accorgo della sua presenza mi fermo. Si ferma anche lui. Ci guardiamo.  Mi viene in mente Ferlinghetti.  Il male è l'amore fritto allo spiedo e rivoltato su se stesso. Muove piano il muso, continua a fissarmi. C'è un bel sole, rassicurante. C'è chi vorrebbe fosse sempre primavera. Mi avvicino e anche il coniglio si avvicina. Fa uno scatto fino alla punta delle mie scarpe. Gli gira intorno. Dura circa un minuto. Poi scappa via. Sparisce nella siepe. C'è un bel sole, rassicurante. Rimango un poco fermo.
Una macchina suona il clacson senza motivo.
Ricomincio a camminare.

lunedì 26 marzo 2012

col tempo

Ci sono dei racconti che si leggono fino a metà. Perché l'altra metà non arriva, perché l'altra metà non interessa. Il tedio leggero s'insinua nelle feritoie del mattino. Si sale a bordo di barche senza rotta, per poi incrociarsi con altre barche senza il cenno di un saluto. E' possibile che esista una direzione: paesi sconosciuti dove abitano angeli nascosti. Dov'è benvenuto l'errore, dove l'amore non ha segnali orario, dove anche il silenzio è un racconto stesso.

Pausa. Rumori di posate, il suono di un uccello che non riesco a riconoscere. Un aereo sembra non allontanarsi mai. Ieri ho camminato per la strada come se non fossi in piedi. Ho chiesto i numeri per il superenalotto a un'amica più fortunata di me. Ho visto la gente affacciarsi dalle spallette, ho visto la gente contenta di farlo. Le nuvole indugiavano sul tramonto. Il vicolo del Tidi ha ombre nascoste e per un attimo mi sembra di vedere Nicolino dietro l'angolo. Un'illusione.

Per una vita fatta di illusioni, dove anche noi siamo illusioni. I nostri pensieri sono traditi dai desideri. Il nostro teatro interiore ha un grande sipario. Dietro si nasconde la verità irraggiungibile. Non mi piace la parola irraggiungibile. Nè dirla, tantomeno pensarla. Anche con la parola verità ho un pessimo rapporto. Ringrazio ogni mio dubbio di esserci, perché non bisogna mai smettere di porsi delle domande. Eliminare i punti interrogativi. Mettere un punto.

Solo così anche ciò che è estraneo ci appartiene.
Nel soffrire c'è la prova che si è in grado di vivere.

sabato 24 marzo 2012

saturday sun

Nel blues del sabato mattina realizzo che forse dovrei fare a meno di indossare il cappellino di lana. Roy Bookbinder, Baby, it must be love. Gilberto mi ha preparato un caffè appena sufficiente. Mentre lo sorseggio in vetro fuori dal bar penso a quel bambino ieri, riccioli d'oro e mani nella terra. Mi ha affermato che il futuro è ciò che viene dalla notte. Sei ingiusto piccolo mio. Ho quasi sette volte la tua età e queste frasi dovrebbero venire in mente a me. E' che comincia a fare caldo e farei a meno anche dei vestiti per la strada, se vivessimo in una società nudista non avrei problemi. Ma i vecchietti seduti all'ombra del giornalaio giudicano i miei sandali in silenzio. Chi sono io per giudicare così il caffè di Gilberto. Chi sono loro per giudicare i miei sandali. Mi viene in mente quella poesia.
I talk with my soul, i play with my gun. Let me die in this saturday sun. 
Bella. Non è nessuna poesia, l'ho pensata guardando i vecchietti. Quindi si, forse è una poesia. Quanto è facile scrivere in inglese. Saturday sun, che è pure una canzone.
Ma questa è un'altra storia.

martedì 20 marzo 2012

Come quando aspetti l'autobus

Il libro, la ricciola seduta di fianco. Da quando mi son seduto si è innervosita, le dita tra i capelli. La soluzione non è in quelle scarpe di seconda scelta, Clarisse.
Troppo silenzio in via 24 Maggio. Troppo silenzio dove non viene richiesto. La bottiglia appesa al cancello per distrarre il cane. Il cane che non c'è. Troppo silenzio in questa strada, troppo silenzio dov'è richiesta almeno una parola. Pensa prima di parlare, questa è una frase inutile. Tutti pensiamo prima di parlare, anche chi dice la cosa più idiota pensa prima di parlare: pensa una cosa idiota.
Cerca un buon momento per stare in silenzio, questo direi ai miei figli. Figli. Grassi e biondi. Risate. Moquette, parquet. Nomi francesi per un pavimento da calpestare. Come le azioni altrui. Le azioni da calpestare con la mente, è meglio di camminare sull'acqua. Gesù non aveva capito un cazzo. Capisco il farsi torturare. Ma una botta di onnipotenza ci vuole. Perdona loro perché non sanno quello che fanno. Ma lascia stare, perdonali direttamente tu. Sai la soddisfazione. Io lo faccio spesso. No non ci provo tanto gusto, è il senso di pietà che mi assale. La ricciola ha tutto il diritto di arricciarsi i capelli. Il cane si fa vivo, da' una musata alla bottiglia. C'è un grosso silenzio. Beato silenzio.
Ti do una dritta, silenzio. Pensa prima di parlare.
Si, lo so.
Lo so.

martedì 13 marzo 2012

poesia educativa dal piano di sopra

da leggere urlando


maremma maiala
puttana eva
puttana

il pavimento è bagnato
te l'ho appena detto
stai lì
cosa piangi

maremma maiala
puttana eva
puttana

ora vengo a prenderti
dai capelli
ora la devi finire
vai a finire subito lì

maremma maiala
puttana eva
puttana

lunedì 5 marzo 2012

Riletture

Era tanto tempo che non leggevo quel racconto. Qualche anno. La prima volta che lo lessi avevo 17 anni, seduto sulla tazza del cesso. Era il mio rifugio preferito. Grandi letture e pensieri di fuga, di odio inutile, delusioni amorose, capelli tinti, cantautori. Tutto in bagno. Ieri l'ho riletto insieme ad un gruppo di ragazze e ragazzi, stanno preparando uno spettacolo teatrale sullo zio Hank. Io leggo qualcosa per loro, ne parliamo, cerchiamo di capire come e cosa mettere in scena. Poi, prima di andar via, leggo quel racconto.
Loro ascoltano.

Il Demonio
da Compagni di Sbronze. p.67


L'ho riletto stamattina, poi mi sono affacciato dalla cucina. Il mio vicino parcheggia lo scooter, una vecchia scuote il tappeto al terzo piano del palazzo di fronte. Il treno verso Lucca passa suonando.
E va bene così. Forse.

domenica 26 febbraio 2012

dormiveglia

Doccia, catena, lacrima,
parola, salvezza, desiderio,
schiavitù, pavimento, scoperta,
erezione, virtù, sangue,
lenzuola, fuga, cemento,
rotazione, saliva, paura,
fiamma, infarto, corda,
ieri, treno, bruciature,
oggi, teatro, valigia,
domani, terremoto, peccato.



venerdì 17 febbraio 2012

Sembra tutto così necessario

Camminare per strada, solo gli occhi ad incontrare l'aria,
trasformando le virtù in cenere.
Cercare rifugio dove il rifugio s'illude d'essere.
Velleità, rimpianti.
Rabbia futura, presente e mai accaduta.
Rabbia assorbita prima d'essere perduta.
Sembra tutto così necessario.
Sedersi dove ci si era già seduti,
provando la stessa pietà.
Immaginando di far ridere
ancora gli stessi occhi,
gli stessi colori.
Sembra tutto così necessario,
sembra che la notte non abbia senso.
Sembra che la vita trovi il senso lì dove lo perde.
Eppure sembra tutto
così necessario.

sabato 11 febbraio 2012

Cronaca fotografica: l'orma e la marea

Rieccolo, a poca distanza di tempo.
Quel concetto che la mente non considera.















Ad un tratto un cane, di una razza che mi risveglia ricordi ancora presenti.
Un alano nero si avvicina, si ferma. Rimane, mi fissa. Poi va.















Il vento leggero, il mare accompagna.
Altri passi, altre orme prima delle mie.
Prima delle nostre.















Affacciati alle distanze della vita.
Accarezziamo il silenzio, lo domiamo.
Con le parole lo affrontiamo.
L'amicizia non è appartenenza.
L'amicizia non conosce pronomi possessivi.















C'è quella canzone di Bonnie Prince Billy, I don't belong to anyone.
Forse nessuno appartiene a qualcuno nella vita, mai.
Forse è vero che ogni momento perduto è la vita.
Ma c'è un messaggio chiaro da tenere nella testa.
Qualunque sia la strada da affrontare,
qualunque siano gli occhi in cui specchiarsi.
Qualunque siano i giochi di luce ed ombra dell'odio e dell'amore.
Nelle rincorse del tempo. Nelle scie della vita.






















Crotone 11/2/2012 

lunedì 23 gennaio 2012

valanga silenziosa

E' come quando ti infili nel letto senza indossare il pigiama. Tieni la maglietta che avevi addosso e non metti i pantaloni. Ti rendi conto che stai caldo uguale, che la pelle delle gambe ha un calore diverso. E' una sensazione inspiegabile, lo so. O forse no. Dormire un'ora ti ha dato un sonno profondo, ma non credi d'esserti davvero addormentato. L'unica luce accesa è quella della scrivania, sei sveglio, ma non sai d'esserti realmente svegliato. Pensi a tutto, a tutto quanto. Non sai che ore sono e non vuoi saperlo, dormi sotto la collina d'oro. Non sai che ore sono, e non vuoi saperlo. Pensi a tutto, a tutto quanto. Hai le gambe calde e non sai che ore sono, non vuoi saperlo. Scorre una valanga silenziosa.
Scorre una valanga silenziosa e non indossi pantaloni.
Sei caldo, e non sei il centro del mondo.

martedì 17 gennaio 2012

Milano Lambrate

Uno schermo metallico su ogni binario
ripete la sostanza di questo grigio inverno.
Olio extravergine in offerta,
un telecomando per l'allarme di una macchina
trasforma una barchetta in uno yatch.
La voce drizzacazzi della pubblicità parla chiaramente
"le emozioni non cambiano, il modo di comunicarle si",
mi infila una spada all'altezza della spina dorsale.
Un cinese mi chiede se questo va a Piacenza
c'è un trailer che mi parla della "vita facile"
e io mi chiedo quando arriva questo maledetto treno
che non voglio prendere.
Signora mi scusi,
se lo ricorda quel sacrosanto diritto umano di sparire?
No niente volevo dire che ore sono,
chi sono.
Di nuovo l'extravergine in offerta,
ma quando mai le extravergini si offrono,
sorridono nelle loro camicette colorate
le cagne in ormeggio galleggianti sullo yatch
che gli esploda la macchina ai due che l'han creato,
e ancora al telefono è nata francesca nel '50
ed ancora è nata francesca nel 2011,
ficcatelo in culo quel telefonino
che ti si sciolgano le dita mentre scorri i tuoi messaggi
e accorsi smetti per favore di far film,
ritirati nel tuo appartamento a parigi o alla tua casa al mare
e fai fare a tua moglie un figlio all'anno
che almeno lì fai la tua porca figura.
Si signore ce l'ho da accendere,
no signore non la voglio la sigaretta,
io non fumo.
Allora perchè ho l'accendino?
Signore son tante qui le cose che non tornano,
l'unico a tornare sono io.
Il regionale per Livorno in arrivo al binario 9
quando il treno fischia ho un brivido alla schiena
e invece di farli in avanti faccio quattro passi indietro,
poi il treno si ferma e io salgo
e i miei anfibi non son mai stati
così pesanti.



NDM: Tirato fuori da una rispolverata negli angoli e nei ricordi.

giovedì 5 gennaio 2012

Cronaca Fotografica: le finestre non son tutte uguali (anche le porte hanno un'anima)

Partiamo dal titolo. Così canta Nada grazie a Piero Ciampi. 
Nella testa vaga questo verso mentre i miei passi calpestano la muffa fiorita e viva e marcia, nel Baccaro dove mio padre e i miei zii e mio nonno e i miei avi cantavano vino e olio e sangue sotto il sole del piano della Terina. 

Salgo le scale. Non resta che aprire la porta.


 











Il lucchetto fa fatica a sbloccarsi, mi ricorda qualcosa, qualcuno.
Non è la quiete nè una lacrima di verità a spiegarmi perchè questo blu graffiato che ha più della mia età sia così vivo, come se contasse qualcosa, come se pensarlo aiutasse a sentirsi meglio, o peggio. Tu non attendi nulla se non la parola che sgorgherà dal fondo come un frutto tra i rami, Pavese era stato chiaro. Mentre mi guardo le spalle gli ulivi in solitudine me lo suggeriscono. 















  

Una pagina nella polvere, Gazzetta del Sud del 24 Maggio 1987. 
Un ragazzo ucciso dall'andrangheta a piè pagina, sotto le sessantamila persone ad assistere alla visita di Giovanni Paolo II a San Giovanni Rotondo. Le armi abbandonate sull'autostrada, ora lui avrebbe 47 anni. A San Giovanni Rotondo potete trovare un comodo 4 stelle su www.centrospiritualepadrepio.it

 



















Lassù, sopra la strada, oltre i vetri rotti. 
C'erano le vigne e la raccolta, poi il pestare coi piedi e il mare a guardare. La strada a salire va verso il cimitero dove il paese scuote la terra, dove anche mio Zio che mi regalò le sue scarpette da calcio con cui pestavo il vento ormai segna il suo tempo nella pace. E' da tanto che non gioco a calcio, non sono più così bravo come allora.
















Anche la più solida delle verità va a male.
Chi ha mai visto la plastica decomporsi,
eppure anche qui, la plastica ha i miei anni.
Enjoy, Coca-Cola.























C'erano altre foto che volevo mostrare, belle quanto e forse più di queste. Le ho fatte con una compatta di mio padre, che era lì con me a riviversi bambino. Non le ho messe perchè ammetto la mia debolezza, ho litigato con wordpress e non sempre il verticale può restare tale. Chissà, wordpress è arrivato a qualcosa a cui noi non arriviamo.
Però mi piacerebbe mostrarle, perchè sono l'ennesima dimostrazione che lo sguardo e l'anima vincono sui mezzi. E perchè raccontano. Preferisco fare dieci foto, ma quelle giuste.

Preferisco scrivere poche parole, ma quelle giuste.

Nocera Terinese 5/1/2012

Dimenticavo, vi presento un vecchio amico.
Questo mare.