sabato 23 luglio 2011

"Vuoi il caffè?" - "Sono in bagno" - "Lo so."

Ora il corridoio di casa mia è libero, ma una volta era tagliato in due.
A spezzare lo spazio era una enorme porta in stile cinese.
Vetri spessi, fiori colorati, una mitragliata negli occhi. La vecchia che abitava qui prima di me mi disse che io la porto via, un' ti pensà che te la lascio!
Signora, la prego.
Quella signora, vedova, meritava il rispetto decisamente in altre forme. Bastava il fatto che avesse due figli di cinquant'anni handicappati, cresciuti con un marito cieco. Le si può perdonare di aver tirato su un muro nella stanza più grande della casa creando uno stanzino piccolo e inutile e di aver messo la cucina sul balcone chiuso. Balcone/cucina direttamente comunicante col bagno con una finestra.
Non si sa mai, uno sta seduto sul cesso e può comunicare con chi cucina e viceversa.
Le necessità dei figli e di doverli lavare seduti sulla carrozzella ha fatto in modo che la doccia fosse praticamente un'altra stanza. Ogni tanto me la immagino, quella vecchia. Non so che fine abbia fatto, so che uno dei figli è morto e l'altro era su quella strada. Ci penso, in quella doccia, e nel vapore dell'acqua calda si respira il ricordo tiepido di quella fatica.
A volte rivedo anche la porta cinese.
Cristo, se era brutta.

1 commento:

  1. La porta sarà stata brutta...deh...ma la vita della signora...con quella fatica di chi solo sa cosa significhi la diversità e doverla gestire quotidianamente.

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